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Visualizzazione dei post da novembre, 2021

(Redazione) Lo spazio vuoto tra le lettere - 02 - La dinamica del silenzio in Claude Roy

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di  Sergio Daniele Donati C'è Silenzio e Parola; e c'è il silenzio e la descrizione verbale del silenzio. E poi, sì: c'è il Silenzio e la descrizione silenziosa del silenzio. Il poeta lo sa: è all'interno di questo segmento del reale, i cui vertici appaiono guerrieri medievali in corazza e pronti alla tenzone, che il suo dire e il suo non dire devono muoversi. E, più si pone la questione del proprio rapporto col silenzio, più il poeta trova nella via della parola diversi gradini del proprio nascondimento - dalla esplosione gioiosa di un ego esuberante fino alla più completa evanescenza. Poetare è tanto dire della propria capacità di sparizione ai propri stessi occhi. Anche come percorso psicologico scrivere poesia è spesso essenzialmente un processo di defogliazione, di decorticamento; una via fondata sulla demotivazione, sulla diluizione di un sentire personale nel flusso collettivo di parole che da millenni sostiene chi scrive. Per questo scrivere poesia è essenzialme

(Redazione) Lo spazio vuoto tra le lettere - 02 - La dinamica del silenzio in Claude Roy

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A cura di  Sergio Daniele Donati C'è Silenzio e Parola; e c'è il silenzio e la descrizione verbale del silenzio. E poi, sì: c'è il Silenzio e la descrizione silenziosa del silenzio. Il poeta lo sa: è all'interno di questo segmento del reale, i cui vertici appaiono guerrieri medievali in corazza e pronti alla tenzone, che il suo dire e il suo non dire devono muoversi. E, più si pone la questione del proprio rapporto col silenzio, più il poeta trova nella via della parola diversi gradini del proprio nascondimento - dalla esplosione gioiosa di un ego esuberante fino alla più completa evanescenza. Poetare è tanto dire della propria capacità di sparizione ai propri stessi occhi. Anche come percorso psicologico scrivere poesia è spesso essenzialmente un processo di defogliazione, di decorticamento; una via fondata sulla demotivazione, sulla diluizione di un sentire personale nel flusso collettivo di parole che da millenni sostiene chi scrive. Per questo scrivere poesia è esse

Chanukkah e Kintsugi

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Che vuoi che sia una crepa sul muro o una traccia nera, di muffa su soffitti umidi? E perché dovrei coprire i miei dolori con speranze dai suoni stranieri? Lascio la gioia del Kintsugi a chi maneggia la spada con la grazia del petalo bianco sul muschio - ne resto ammirato come chi sa riconoscere una maestria aliena. Io ho mani sporche d'inchiostro e in questi giorni mi scotto le dita con la cera; accendo candele nella speranza della speranza e, se non viene, non immagino la mia argilla, spezzata a terra, ricomposta da mani divine, né le mie vene attraversate da rivoli di metalli liquidi e preziosi. Ogni speranza di speranza contempla silenziosa la possibilità d'una caduta, anzi, d'un rotolio di massi su crinali scoscesi. (Sergio Daniele Donati - Inedito, novembre 2021) _____ [NdA: il titolo di questa poesia è derivato dalla festa ebraica di  Chanukkah  e dalla pratica tradizionale giapponese del  Kintsugi . Due modi diversi e profondi di narrare il r

(Redazione) Dissolvenze - 01 - All'improvviso

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  di Arianna Bonino Se proprio dovessi finire nell’obiettivo della macchina fotografica di qualche scrutatore d’anime, l’ideale sarebbe non saperlo. E che lui fosse Miroslav Tichý . I più bei baci sono quelli rubati e forse questo vale anche per le fotografie.  Quelle dove non guardavi, quelle che ritagliano un particolare, un movimento, l'imperfezione di un istante che da qualsiasi diventa unico e irripetibile. Tutte le modelle di Miroslav Tichý lo sono state senza saperlo. Chi poteva sospettare infatti che quel clochard eccentrico e stralunato passeggiasse per le strade di Kyjov in cerca di movimenti da cogliere, di battiti inconsapevoli, di corpi ombrosi da tramutare in idoli carnali? D’altronde tra le mani aveva soltanto uno strano oggetto a forma di reflex, ma costruito in cartone, plastica e corda. Un giocattolo inoffensivo nelle mani di un vagabondo un po’ folle.  Tutto vero o quasi: un giocattolo, un vagabondo, la folle libertà di non possedere che i propri sguardi, sì. Ma

(Redazione) Dissolvenze - 01 - All'improvviso

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  A cura di Arianna Bonino Se proprio dovessi finire nell’obiettivo della macchina fotografica di qualche scrutatore d’anime, l’ideale sarebbe non saperlo. E che lui fosse Miroslav Tichý . I più bei baci sono quelli rubati e forse questo vale anche per le fotografie.  Quelle dove non guardavi, quelle che ritagliano un particolare, un movimento, l'imperfezione di un istante che da qualsiasi diventa unico e irripetibile. Tutte le modelle di Miroslav Tichý lo sono state senza saperlo. Chi poteva sospettare infatti che quel clochard eccentrico e stralunato passeggiasse per le strade di Kyjov in cerca di movimenti da cogliere, di battiti inconsapevoli, di corpi ombrosi da tramutare in idoli carnali? D’altronde tra le mani aveva soltanto uno strano oggetto a forma di reflex, ma costruito in cartone, plastica e corda. Un giocattolo inoffensivo nelle mani di un vagabondo un po’ folle.  Tutto vero o quasi: un giocattolo, un vagabondo, la folle libertà di non possedere che i propri sguardi,

That old slow blues

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"Marea" di Sergio Daniele Donati Mi sono immaginato per un momento figlio d'un altra storia in cui non ridevi del mio batter sempre sugli stessi tasti e capivi che l'ultimo accordo di settima minore di un giro di blues richiama sempre il primo; in cui accettavi la feroce legge che vuole che due suoni siano identici solo in teoria - lo stesso tasto d'un piano, lo sai è influenzato dal peso del dito che lo percuote e, non meno, dalla sua umidità. Ma tu ridi, perché non sei figlia dell'umido. Per te il diverso non ha mai nulla a che fare con la ripetizione - come se le stagioni, diverse, sì, ogni volta, non si ripetessero ogni anno. Io però dell'umido sono ben figlio, ho labbra rosse e gonfie e la mia armonica è piena della mia saliva, i miei occhi colano umidità salata quando tengo un micro-secolo in più l'ultima settima, prima di tornare al primo accordo - non commuovono anche te gli ultimi caldi autunnali prima dell'inverno? E poi diciamolo, io son

Sognavo tanto

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  "Bella di notte" di Sergio Daniele Donati Sognavo tanto. Prima che mi togliessero il sogno, che lo tagliassero in coriandoli multicolori; prima che il pulcino tornasse nell'uovo e la terra fosse confusa di nuovo con le acque, io sognavo tanto. Tempo senza sogno, smemorato e asmatico, tempo che traccia linee evanescenti di dolore, macchie d'inchiostro simpatico su fogli senza firma. Però, prima, io sognavo tanto.

He (terzo ciclo)

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"He" di Sergio Daniele Donati Stiamo tutti fermi a osservar la soglia a farci cogliere dallo stupore d'un vento lontano. Pochi però sanno o dicono del dolore d'ogni narrazione dello strappo e dell'abbandono, del timore che crea un viaggio se non ne sai immaginare  la possibilità di ritorno. Per questo resto ancora un poco nel luogo protetto e apro la finestra. Che il presente e l'altrove si mescolino sulla mia fronte a formare speranza

He (terzo ciclo)

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"He" di Sergio Daniele Donati Stiamo tutti fermi a osservar la soglia a farci cogliere dallo stupore d'un vento lontano. Pochi però sanno o dicono del dolore d'ogni narrazione dello strappo e dell'abbandono, del timore che crea un viaggio se non ne sai immaginare  la possibilità di ritorno. Per questo resto ancora un poco nel luogo protetto e apro la finestra. Che il presente e l'altrove si mescolino sulla mia fronte a formare speranza

He (terzo ciclo)

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"He" di Sergio Daniele Donati Stiamo tutti fermi a osservar la soglia a farci cogliere dallo stupore d'un vento lontano. Pochi però sanno o dicono del dolore d'ogni narrazione dello strappo e dell'abbandono, del timore che crea un viaggio se non ne sai immaginare  la possibilità di ritorno. Per questo resto ancora un poco nel luogo protetto e apro la finestra. Che il presente e l'altrove si mescolino sulla mia fronte a formare speranza

(Redazione) Riflessioni, non recensioni - 01 - Un Padrino per riflettere

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di Stefania Lombardi Riflessioni sul film “Il Padrino” di F. F. Coppola Per anni ho considerato "Il Padrino" il mio film preferito perché ha tutto: storia familiare, passioni, intrighi, vendetta, decadenza, romanticismo, tragedia, commedia, massime di vita. Ci sono film migliori, ovviamente, e ne conosco moltissimi; tuttavia, qui ho trovato gran parte dello scibile per considerazioni filosofiche; e non solo. Sto dando per scontato che lo conosciamo tutti e per questo allego qui di seguito alcune mie vecchie riflessioni al riguardo. Contengono spoiler perché sono, appunto, riflessioni e non recensione. “Io credo nell’America” . Così inizia un autentico capolavoro della storia del cinema, meglio conosciuto come “Il Padrino”. Ci troviamo davanti a un film che è poesia pura, oltre che film cult d’eccezione. “Il Padrino” non è solo una storia di mafia; identificarlo in una delle tante storie mafiose sarebbe recargli un imperdonabile torto, non rendergli la dovuta giustizia, sminui

(Redazione) Riflessioni, non recensioni - 01 - Un Padrino per riflettere

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A cura di Stefania Lombardi Riflessioni sul film “Il Padrino” di F. F. Coppola Per anni ho considerato "Il Padrino" il mio film preferito perché ha tutto: storia familiare, passioni, intrighi, vendetta, decadenza, romanticismo, tragedia, commedia, massime di vita. Ci sono film migliori, ovviamente, e ne conosco moltissimi; tuttavia, qui ho trovato gran parte dello scibile per considerazioni filosofiche; e non solo. Sto dando per scontato che lo conosciamo tutti e per questo allego qui di seguito alcune mie vecchie riflessioni al riguardo. Contengono spoiler perché sono, appunto, riflessioni e non recensione. “Io credo nell’America” . Così inizia un autentico capolavoro della storia del cinema, meglio conosciuto come “Il Padrino”. Ci troviamo davanti a un film che è poesia pura, oltre che film cult d’eccezione. “Il Padrino” non è solo una storia di mafia; identificarlo in una delle tante storie mafiose sarebbe recargli un imperdonabile torto, non rendergli la dovuta giustizia,

Su "Al di là della polvere" (Fabio Ivan Pigola - Divergenze ed. 2021) - recensione di Sergio Daniele Donati

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Mi diceva quand'ero ragazzo un anziano signore, un vero amante delle parole, che la grande letteratura è una burla in cui il lettore parte, lancia in resta, con un'idea già formata su cosa leggerà e si trova poi disarcionato da un cavallo imbizzarrito e, in breve tempo, con la faccia nella polvere. «La letteratura, quella seria,» diceva, «è un cavallo pazzo e ti porta dove vuole lei, senza neanche chiederti il permesso».  Con gli anni le mie abilità di lettore si sono raffinate e ora posso dire cosa sia per me la grande letteratura, forse. Ma, anche se non rinuncio a trovare un poco inutile cercar definizioni, tuttavia, quell'idea dalle tinte western, in cui la letteratura prende il ruolo d'una sorta di mustang indomabile che ti porta lontano da una destinazione facile e attesa, mi è rimasta nel midollo. È sempre questo il primo criterio di valutazione per me, che mi avvicino con entusiasmo a volte eccessivo all'altrui scrittura: prendo un libro in mano e, prima an