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Visualizzazione dei post da gennaio, 2022

(Redazione) Lo spazio vuoto tra le lettere - 04 - A mano libera (sul silenzio tra le lettere)

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  di Sergio Daniele Donati Avvertenza: questo articolo è stato scritto di getto ascoltando, durante tutta la sua stesura, il Concerto Numero 2 per piano e orchestra di  Sergei Rachmaninoff nell'esecuzione di Evgeny Kissin.  Ne segue pertanto ritmi, tempi e, in un certo senso, anche gli umori. Guardo le mie mani. Sono vissute e piene di segni e macchie. Le guardo con un certo orgoglio, come Anna Magnani guardava le rughe sul suo volto.  Sono le mani che hanno tenuto in braccio mio figlio, appena nato, lo hanno pulito e nutrito. Sono le mani che hanno amato e carezzato e poi picchiato pugni di rabbia contro il muro.  Sono le mani che hanno tenuto per vent'anni una spada di legno e hanno fatto volare alti in cielo sogni di completezza e unione.  Sono le mani che hanno tenuto una penna in mano per infiniti minuti e per infinite ore hanno girato pagine di libri polverosi. E sono dita - piccole e un po' ancora bambine - che si sono tagliate con la carta milioni di volte, prima di

(Redazione) Lo spazio vuoto tra le lettere - 04 - A mano libera (sul silenzio tra le lettere)

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  A cura di Sergio Daniele Donati Avvertenza: questo articolo è stato scritto di getto ascoltando, durante tutta la sua stesura, il Concerto Numero 2 per piano e orchestra di  Sergei Rachmaninoff nell'esecuzione di Evgeny Kissin.  Ne segue pertanto ritmi, tempi e, in un certo senso, anche gli umori. Guardo le mie mani. Sono vissute e piene di segni e macchie. Le guardo con un certo orgoglio, come Anna Magnani guardava le rughe sul suo volto.  Sono le mani che hanno tenuto in braccio mio figlio, appena nato, lo hanno pulito e nutrito. Sono le mani che hanno amato e carezzato e poi picchiato pugni di rabbia contro il muro.  Sono le mani che hanno tenuto per vent'anni una spada di legno e hanno fatto volare alti in cielo sogni di completezza e unione.  Sono le mani che hanno tenuto una penna in mano per infiniti minuti e per infinite ore hanno girato pagine di libri polverosi. E sono dita - piccole e un po' ancora bambine - che si sono tagliate con la carta milioni di volte, p

L'abbandono ben temperato (Notturna)

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Su musiche di J. S. Bach "Il clavicembalo ben temperato" Esec. Scistoslav Richter (1969) Lo spostamento delle galassie e la loro forma a spirale son governate da leggi per me arcane. So però che per allontanarsi tra loro  impiegano milioni di anni. L'abbandono non si crea mai in un baleno e il pieno  non si colma di vuoto in un istante. Tutto qua.  Mi chiedi ora di accettare  in un battito di ciglia  la fine, e par che ignori  i secoli impiegati dalle mie palpebre per alzarsi  e poter accogliere  tra le mie ossidiane il progetto d'un amore. Tutto qua; già, tutto qua.

L'abbandono ben temperato (Notturna)

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Su musiche di J. S. Bach "Il clavicembalo ben temperato" Esec. Scistoslav Richter (1969) Lo spostamento delle galassie e la loro forma a spirale son governate da leggi per me arcane. So però che per allontanarsi tra loro  impiegano milioni di anni. L'abbandono non si crea mai in un baleno e il pieno  non si colma di vuoto in un istante. Tutto qua.  Mi chiedi ora di accettare  in un battito di ciglia  la fine, e par che ignori  i secoli impiegati dalle mie palpebre per alzarsi  e poter accogliere  tra le mie ossidiane il progetto d'un amore. Tutto qua; già, tutto qua.

L'abbandono ben temperato (Notturna)

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Su musiche di J. S. Bach "Il clavicembalo ben temperato" Esec. Scistoslav Richter (1969) Lo spostamento delle galassie e la loro forma a spirale son governate da leggi per me arcane. So però che per allontanarsi tra loro  impiegano milioni di anni. L'abbandono non si crea mai in un baleno e il pieno  non si colma di vuoto in un istante. Tutto qua.  Mi chiedi ora di accettare  in un battito di ciglia  la fine, e par che ignori  i secoli impiegati dalle mie palpebre per alzarsi  e poter accogliere  tra le mie ossidiane il progetto d'un amore. Tutto qua; già, tutto qua.

Fuochi Fatui (a Man Ray)

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Dillo piano Aspetta; dillo più piano, che sia un sussurro il tuo parlare della fine. Surreale Nulla è più surreale del guscio vuoto della lumaca nel bosco. Fuga (dal Kyrie del Requiem di Mozart) L'unica fuga in cui  si prevede un ritorno è quella che cantano gli assenti. Cigno Non ti chiedo, mio cigno, le ragioni del tuo collo. Perché mi domandi allora quelle della mia scrittura? Alza la mano Alza la mano il profeta a tacitare del mondo il brusio, incosciente del futuro. Maschere La maschera che indossi  cade la sera; così i miei sogni, alle luci dell'aurora. __ Tutte le poesie sono inediti del 2022 di  Sergio Daniele Donati Tutte le foto sono di Man Ray.

Fuochi Fatui (a Man Ray)

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Dillo piano Aspetta; dillo più piano, che sia un sussurro il tuo parlare della fine. Surreale Nulla è più surreale del guscio vuoto della lumaca nel bosco. Fuga (dal Kyrie del Requiem di Mozart) L'unica fuga in cui  si prevede un ritorno è quella che cantano gli assenti. Cigno Non ti chiedo, mio cigno, le ragioni del tuo collo. Perché mi domandi allora quelle della mia scrittura? Alza la mano Alza la mano il profeta a tacitare del mondo il brusio, incosciente del futuro. Maschere La maschera che indossi  cade la sera; così i miei sogni, alle luci dell'aurora. __ Tutte le poesie sono inediti del 2022 di  Sergio Daniele Donati Tutte le foto sono di Man Ray.

Fuochi Fatui (a Man Ray)

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Dillo piano Aspetta; dillo più piano, che sia un sussurro il tuo parlare della fine. Surreale Nulla è più surreale del guscio vuoto della lumaca nel bosco. Fuga (dal Kyrie del Requiem di Mozart) L'unica fuga in cui  si prevede un ritorno è quella che cantano gli assenti. Cigno Non ti chiedo, mio cigno, le ragioni del tuo collo. Perché mi domandi allora quelle della mia scrittura? Alza la mano Alza la mano il profeta a tacitare del mondo il brusio, incosciente del futuro. Maschere La maschera che indossi  cade la sera; così i miei sogni, alle luci dell'aurora. __ Tutte le poesie sono inediti del 2022 di  Sergio Daniele Donati Tutte le foto sono di Man Ray.

Il ritorno

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Portone della Abazia di Chiaravalle - particolare Tornare,  con lo sguardo basso ma non diminuito, uno sguardo che cerca a terra semi di rinascita; uno sguardo bambino  - e dove sarà mai finita quella biglia, quella di ceramica, la preferita, regalo di papà. Tornare come l'onda  depositando conchiglie su spiagge deserte, dove il paguro  mostra la sua buffa tenacia al mare, indifferente. Tornare allievo col rammarico di chi troppo a lungo  è stato strappato al mondo dal sogno di poter insegnare qualcosa;  al mondo. Tornare a guardare il proprio figlio e scorgere in quei baffetti e in una voce che cambia il suo futuro di uomo saggio che non dimentica ancora  vagiti neonati. Eterno non è il ritorno.  Eterno è il canto; la stella che muore lasciando a chi  ne osserva di lontano per milioni di anni l'illusione della luce.  Il ritorno è un lampo preparato da eoni di mancato ascolto. Bisogna saper andar via, aver abbandonato armenti e amore e casa paterna per poter tornare

Il ritorno

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Portone della Abazia di Chiaravalle - particolare Tornare,  con lo sguardo basso ma non diminuito, uno sguardo che cerca a terra semi di rinascita; uno sguardo bambino  - e dove sarà mai finita quella biglia, quella di ceramica, la preferita, regalo di papà. Tornare come l'onda  depositando conchiglie su spiagge deserte, dove il paguro  mostra la sua buffa tenacia al mare, indifferente. Tornare allievo col rammarico di chi troppo a lungo  è stato strappato al mondo dal sogno di poter insegnare qualcosa;  al mondo. Tornare a guardare il proprio figlio e scorgere in quei baffetti e in una voce che cambia il suo futuro di uomo saggio che non dimentica ancora  vagiti neonati. Eterno non è il ritorno.  Eterno è il canto; la stella che muore lasciando a chi  ne osserva di lontano per milioni di anni l'illusione della luce.  Il ritorno è un lampo preparato da eoni di mancato ascolto. Bisogna saper andar via, aver abbandonato armenti e amore e casa paterna per poter tornare. La

Il ritorno

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Portone della Abazia di Chiaravalle - particolare Tornare,  con lo sguardo basso ma non diminuito, uno sguardo che cerca a terra semi di rinascita; uno sguardo bambino  - e dove sarà mai finita quella biglia, quella di ceramica, la preferita, regalo di papà. Tornare come l'onda  depositando conchiglie su spiagge deserte, dove il paguro  mostra la sua buffa tenacia al mare, indifferente. Tornare allievo col rammarico di chi troppo a lungo  è stato strappato al mondo dal sogno di poter insegnare qualcosa;  al mondo. Tornare a guardare il proprio figlio e scorgere in quei baffetti e in una voce che cambia il suo futuro di uomo saggio che non dimentica ancora  vagiti neonati. Eterno non è il ritorno.  Eterno è il canto; la stella che muore lasciando a chi  ne osserva di lontano per milioni di anni l'illusione della luce.  Il ritorno è un lampo preparato da eoni di mancato ascolto. Bisogna saper andar via, aver abbandonato armenti e amore e casa paterna per poter tornare. L

Dialoghi poetici coi Maestri - 30. Paul Éluard

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Liberté ô vertige et tranquilles pieds nus Liberté plus légère plus simple Que le printemps sublime aux limpides pudeurs. __ Libertà o vertigine e quieti piè nudi Libertà più leggera più semplice Dell'aprile sublime di limpidi pudori (Paul Éluard - da Les Mains Libre  In "Paul Éluard - Poesie" La vita felice edizioni Traduzione di Franco Fortini) ___ Ils sont si vagues  et sans un regard  nos accents  sur le poids de la terre noire;  beaucoup plus délicat, Paul,  et sublime  c'est savoir se pencher  sur les accents opposés  de la légèreté du papillon  de la liberté. ___ Sono così vaghi e senza sguardo i nostri accenti sul peso della nera terra; ben più delicato, Paul, e sublime  è sapersi inclinare su gli opposti accenti della leggerezza della farfalla  della libertà. (Sergio Daniele Donati - Inedito 2022 -  Traduzione dal francese dello stesso autore)

Dialoghi poetici coi Maestri - 30. Paul Éluard

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Liberté ô vertige et tranquilles pieds nus Liberté plus légère plus simple Que le printemps sublime aux limpides pudeurs. __ Libertà o vertigine e quieti piè nudi Libertà più leggera più semplice Dell'aprile sublime di limpidi pudori (Paul Éluard - da Les Mains Libre  In "Paul Éluard - Poesie" La vita felice edizioni Traduzione di Franco Fortini) ___ Ils sont si vagues  et sans un regard  nos accents  sur le poids de la terre noire;  beaucoup plus délicat, Paul,  et sublime  c'est savoir se pencher  sur les accents opposés  de la légèreté du papillon  de la liberté. ___ Sono così vaghi e senza sguardo i nostri accenti sul peso della nera terra; ben più delicato, Paul, e sublime  è sapersi inclinare su gli opposti accenti della leggerezza della farfalla  della libertà. (Sergio Daniele Donati - Inedito 2022 -  Traduzione dal francese dello stesso autore)

Dialoghi poetici coi Maestri - 30. Paul Éluard

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Liberté ô vertige et tranquilles pieds nus Liberté plus légère plus simple Que le printemps sublime aux limpides pudeurs. __ Libertà o vertigine e quieti piè nudi Libertà più leggera più semplice Dell'aprile sublime di limpidi pudori (Paul Éluard - da Les Mains Libre  In "Paul Éluard - Poesie" La vita felice edizioni Traduzione di Franco Fortini) ___ Ils sont si vagues  et sans un regard  nos accents  sur le poids de la terre noire;  beaucoup plus délicat, Paul,  et sublime  c'est savoir se pencher  sur les accents opposés  de la légèreté du papillon  de la liberté. ___ Sono così vaghi e senza sguardo i nostri accenti sul peso della nera terra; ben più delicato, Paul, e sublime  è sapersi inclinare su gli opposti accenti della leggerezza della farfalla  della libertà. (Sergio Daniele Donati - Inedito 2022 -  Traduzione dal francese dello stesso autore)

(Redazione) - Dissolvenze - 03 - Al buio (su Evgen Bavčar)

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di Arianna Bonino Goodbye If you are still alive when you read this, close your eyes. I am under their lids, growing black. Bill Knott AL BUIO ­­­­­­­­Ogni giorno, per almeno un’ora al giorno, sono cieca. Non parlo del sonno, lì ci sono i sogni e non hanno a che fare con questa storia. O forse sì, vedremo… Per un’ora al giorno sono cieca. È un tempo che si consuma in piccoli frammenti, per essere precisi, dodicimila, ogni giorno. In quei quattromila secondi sparpagliati nelle ore, chiudo gli occhi. È una cosa naturale, necessaria. Serve per i miei occhi, per bagnarli, per detergerli, per proteggerli dall’eccesso di luce. Ma anche il mio cervello ne gode, sospendendo la raccolta incessante d’immagini che si scaraventano continuamente nello sguardo che guarda e che generano pensieri, reazioni, memoria da archiviare. Sono dodicimila istantanee mancate, a pensarci bene. Dodicimila perdite di vista. Non posso sapere cosa accada realmente là fuori per quell’ora al giorno, in quei dodicimila

(Redazione) - Dissolvenze - 03 - Al buio (su Evgen Bavčar)

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A cura di Arianna Bonino Goodbye If you are still alive when you read this, close your eyes. I am under their lids, growing black. Bill Knott AL BUIO ­­­­­­­­Ogni giorno, per almeno un’ora al giorno, sono cieca. Non parlo del sonno, lì ci sono i sogni e non hanno a che fare con questa storia. O forse sì, vedremo… Per un’ora al giorno sono cieca. È un tempo che si consuma in piccoli frammenti, per essere precisi, dodicimila, ogni giorno. In quei quattromila secondi sparpagliati nelle ore, chiudo gli occhi. È una cosa naturale, necessaria. Serve per i miei occhi, per bagnarli, per detergerli, per proteggerli dall’eccesso di luce. Ma anche il mio cervello ne gode, sospendendo la raccolta incessante d’immagini che si scaraventano continuamente nello sguardo che guarda e che generano pensieri, reazioni, memoria da archiviare. Sono dodicimila istantanee mancate, a pensarci bene. Dodicimila perdite di vista. Non posso sapere cosa accada realmente là fuori per quell’ora al giorno, in quei dodi

Tre poeti allo specchio (di Sergio Daniele Donati, Davide Zizza e Felicia Buonomo)

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Lettera dopo il nuovo anno Marina, la neve è invisibile, e noi siamo ubriachi, rintanati in cupole, sognando l’Hagia Sofia – la liberazione. Ti penso, per queste distanze assuefatte a vecchie memorie sfondate e mitiche – ma il tempo ha denti da luccio che feriscono solo a guardarli, e addirittura a pensarli. Mangerò terra per sentirmi ancora; ti giunga il mio bacio da questa silenziosa tormenta. Davide Zizza ____ Osip, vorrei dirti delle chiacchiere nella sala d'aspetto – un margine di insofferenza da cui cado. Sbucciano la pazienza e la esplodono – Quando ti penso ho la misura del sempre. Ripercorro la disperazione della perdita di me – che in te si trova nella dimensione della mancanza. Troverai una me che gattona in una stanza buia e poi l'età adulta del trauma. Ho scovato una sala d'aspetto di un medico che non mi salverà. Il pronto soccorso della mia tristezza continua ad accogliere. Ma lo so, caro amore, che la ferita non è appartenenza e vicinanza di noi. La sutura:

Tre poeti allo specchio (di Sergio Daniele Donati, Davide Zizza e Felicia Buonomo)

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Lettera dopo il nuovo anno Marina, la neve è invisibile, e noi siamo ubriachi, rintanati in cupole, sognando l’Hagia Sofia – la liberazione. Ti penso, per queste distanze assuefatte a vecchie memorie sfondate e mitiche – ma il tempo ha denti da luccio che feriscono solo a guardarli, e addirittura a pensarli. Mangerò terra per sentirmi ancora; ti giunga il mio bacio da questa silenziosa tormenta. Davide Zizza ____ Osip, vorrei dirti delle chiacchiere nella sala d'aspetto – un margine di insofferenza da cui cado. Sbucciano la pazienza e la esplodono – Quando ti penso ho la misura del sempre. Ripercorro la disperazione della perdita di me – che in te si trova nella dimensione della mancanza. Troverai una me che gattona in una stanza buia e poi l'età adulta del trauma. Ho scovato una sala d'aspetto di un medico che non mi salverà. Il pronto soccorso della mia tristezza continua ad accogliere. Ma lo so, caro amore, che la ferita non è appartenenza e vicinanza di noi. La sutura:

Parole (per evitare il sogno)

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Testa di uomo - Museo archeologico di Atene Foto di Sergio Daniele Donati Atto Primo Tempo: ossessivo compulsivo E svegliarsi da un sonno profondo, alle 4.50 del mattino, con la calma consapevolezza che tutto ciò che in tre anni si è detto e scritto e immaginato, o anche solo pensato - con un un pensiero lento e testardo; da montanaro - per evitare quel sogno, sia stato ormai e davvero detto o scritto o immaginato, o anche solo pensato - con un pensiero lento e testardo; da montanaro. Milioni di parole dette, scritte, immaginate o pensate, lentamente, come un montanaro.  E ti accendi un'immaginaria sigaretta - sono ormai tre mesi che non fumi - e ne aspiri piano il fumo fatto di niente e ripercorri nella mente quel sogno e tutte le cose che, testardo e lento come un montanaro, hai detto e scritto e immaginato, o anche solo pensato; per non farlo.  E ti dici che poi è così semplice, di un'allarmante e banale semplicità, accettare che spesso si usa la parola per evitare il sogno

Parole (per evitare il sogno)

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Testa di uomo - Museo archeologico di Atene Foto di Sergio Daniele Donati Atto Primo Tempo: ossessivo compulsivo E svegliarsi da un sonno profondo, alle 4.50 del mattino, con la calma consapevolezza che tutto ciò che in tre anni si è detto e scritto e immaginato, o anche solo pensato - con un un pensiero lento e testardo; da montanaro - per evitare quel sogno, sia stato ormai e davvero detto o scritto o immaginato, o anche solo pensato - con un pensiero lento e testardo; da montanaro. Milioni di parole dette, scritte, immaginate o pensate, lentamente, come un montanaro.  E ti accendi un'immaginaria sigaretta - sono ormai tre mesi che non fumi - e ne aspiri piano il fumo fatto di niente e ripercorri nella mente quel sogno e tutte le cose che, testardo e lento come un montanaro, hai detto e scritto e immaginato, o anche solo pensato; per non farlo.  E ti dici che poi è così semplice, di un'allarmante e banale semplicità, accettare che spesso si usa la parola per evitare il sogno