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Visualizzazione dei post da marzo, 2022

(Redazione) - Lo spazio vuoto tra le lettere - 06 - Eugenio Montale e la lingua di Dio (una sovra interpretazione biblica)

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di Sergio Daniele Donati Conoscere la parola significa conoscerne i contorni, esplorarne le assenze e soprattutto godere dello stupore delle sue mutazioni semantiche. Lo stupore non è una semplice fanciullesca sensazione legata al nuovo. Almeno non soltanto. È il motore di ogni ricerca, ciò che ci spinge alla scoperta e a nuove interpretazioni di un testo.  I contorni della parola sono poi costituiti, prima ancora dei significati che essa veicola, dai suoni che la compongono e dai silenzi che la sorreggono.  Ogni parola è sempre anche un richiamo all'ossequio per tutte le parole che abbandoniamo per eleggerne una sola.  Per questo è detto che: «ogni parola comporta un sacrificio. E la memoria di ciò che non si dice è uno dei sensi profondi del dire» Il testo biblico, ad esempio, è denso di richiami alla sacralità della parola, di parole che svelano e rivelano e che rendono eretta la schiena in una tensione essenzialmente etica.  Il testo biblico è però anche denso di richiami ai

(Redazione) - Lo spazio vuoto tra le lettere - 06 - Eugenio Montale e la lingua di Dio (una sovra interpretazione biblica)

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  A cura di Sergio Daniele Donati Conoscere la parola significa conoscerne i contorni, esplorarne le assenze e soprattutto godere dello stupore delle sue mutazioni semantiche. Lo stupore non è una semplice fanciullesca sensazione legata al nuovo. Almeno non soltanto. È il motore di ogni ricerca, ciò che ci spinge alla scoperta e a nuove interpretazioni di un testo.  I contorni della parola sono poi costituiti, prima ancora dei significati che essa veicola, dai suoni che la compongono e dai silenzi che la sorreggono.  Ogni parola è sempre anche un richiamo all'ossequio per tutte le parole che abbandoniamo per eleggerne una sola.  Per questo è detto che: «ogni parola comporta un sacrificio. E la memoria di ciò che non si dice è uno dei sensi profondi del dire» Il testo biblico, ad esempio, è denso di richiami alla sacralità della parola, di parole che svelano e rivelano e che rendono eretta la schiena in una tensione essenzialmente etica.  Il testo biblico è però anche denso di ri

Due poeti allo specchio (Agnès MK e Sergio Daniele Donati)

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Senza peccato (gioco di parole) Mi piove addosso tocco che m’infiora risuona come un tuono in corpo, assente dà vita, in soffi, ai figli della mente se rompe l’acqua della mia parola (Agnès MK - Inedito 2022) ____ Col pugno chiuso (gioco di parole) Col pugno chiuso e le nocche ormai bianche ho cercato di onorare la serietà del creato; fu un boato dal cielo - una risata cristallina - ad aprirmi le mani e a fare cadere a terra petali di gigli.  (Sergio Daniele Donati - Inedito 2022) _____ Dicono di sé gli autori Agnès è la “pazza con la violetta” de “l’Immortalità” (intesa come duello tra morte e rinascita) di Milan Kundera, alla quale lo scrittore fa dire che, quando un giorno l’assalto della bruttezza fosse diventato insostenibile, lei avrebbe comprato una violetta per tenerla sempre davanti agli occhi. Il “gioco di parole” è come una violetta: un abito leggero sopra uno sguardo talvolta doloroso. Fedro è il fantasma che si appalesa in tracce labili de " Lo zen e l'arte della

Due poeti allo specchio (Agnès MK e Sergio Daniele Donati)

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Senza peccato (gioco di parole) Mi piove addosso tocco che m’infiora risuona come un tuono in corpo, assente dà vita, in soffi, ai figli della mente se rompe l’acqua della mia parola (Agnès MK - Inedito 2022) ____ Col pugno chiuso (gioco di parole) Col pugno chiuso e le nocche ormai bianche ho cercato di onorare la serietà del creato; fu un boato dal cielo - una risata cristallina - ad aprirmi le mani e a fare cadere a terra petali di gigli.  (Sergio Daniele Donati - Inedito 2022) _____ Dicono di sé gli autori Agnès è la “pazza con la violetta” de “l’Immortalità” (intesa come duello tra morte e rinascita) di Milan Kundera, alla quale lo scrittore fa dire che, quando un giorno l’assalto della bruttezza fosse diventato insostenibile, lei avrebbe comprato una violetta per tenerla sempre davanti agli occhi. Il “gioco di parole” è come una violetta: un abito leggero sopra uno sguardo talvolta doloroso. Fedro è il fantasma che si appalesa in tracce labili de " Lo zen e l'arte della

L'ascolto del silenzio

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L'ascolto del silenzio si compone di frammentazioni scomposte, di elencazioni senza termine di suoni invadenti. Il silenzio non è altro che un   eppure che si sovrappone al brusio della vita; il basso continuo d'una intuizione feconda; il direttore d'orchestra della sinfonia delle stagioni.

L'ascolto del silenzio

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L'ascolto del silenzio si compone di frammentazioni scomposte, di elencazioni senza termine di suoni invadenti. Il silenzio non è altro che un   eppure che si sovrappone al brusio della vita; il basso continuo d'una intuizione feconda; il direttore d'orchestra della sinfonia delle stagioni.

L'ascolto del silenzio

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L'ascolto del silenzio si compone di frammentazioni scomposte, di elencazioni senza termine di suoni invadenti. Il silenzio non è altro che un   eppure che si sovrappone al brusio della vita; il basso continuo d'una intuizione feconda; il direttore d'orchestra della sinfonia delle stagioni.

Due poeti allo specchio della madre (Cristina Simoncini e Sergio Daniele Donati)

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Che fortezza era, che rivellino ci proteggeva all’ingresso. Da lassù torreggiava, Sua Giovinezza, dal crinale distingueva dentro e fuori, traguardava, collimava, moltiplicava mani e occhi, lanciava impaziente nugoli di note – sotto, ordinate, le nostre evoluzioni. Età dell’oro dei Sessanta, sul finire. Vivevamo un tempo celeste, inespugnato, senza rotta. Cristina Simoncini Le parole che ora ti s'incespicano nel palato, il tuo sorriso imbarazzato per non saper dire, come s'io avessi dimenticato le tue timidezze di allora - e le mie -e non dessi valore alla fragilità forte di chi mi ripete mille volte "ormai ho i capelli bianchi", sono doni per i miei occhi. Perché ogni volta che la mia balbuzie, il mio pianto soffocato per il tuo declino, diventa parola che sblocca le tue memorie, ogni volta che ci basta uno sguardo e un sorriso accennato, io so che nulla cambia e che la canizie di cui parli è la mia. Ci guardiamo così, due bimbi balbuzienti, sorret

Due poeti allo specchio della madre (Cristina Simoncini e Sergio Daniele Donati)

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Che fortezza era, che rivellino ci proteggeva all’ingresso. Da lassù torreggiava, Sua Giovinezza, dal crinale distingueva dentro e fuori, traguardava, collimava, moltiplicava mani e occhi, lanciava impaziente nugoli di note – sotto, ordinate, le nostre evoluzioni. Età dell’oro dei Sessanta, sul finire. Vivevamo un tempo celeste, inespugnato, senza rotta. Cristina Simoncini Le parole che ora ti s'incespicano nel palato, il tuo sorriso imbarazzato per non saper dire, come s'io avessi dimenticato le tue timidezze di allora - e le mie -e non dessi valore alla fragilità forte di chi mi ripete mille volte "ormai ho i capelli bianchi", sono doni per i miei occhi. Perché ogni volta che la mia balbuzie, il mio pianto soffocato per il tuo declino, diventa parola che sblocca le tue memorie, ogni volta che ci basta uno sguardo e un sorriso accennato, io so che nulla cambia e che la canizie di cui parli è la mia. Ci guardiamo così, due bimbi balbuzienti, sorretti da

Due poeti allo specchio della madre (Cristina Simoncini e Sergio Daniele Donati)

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Che fortezza era, che rivellino ci proteggeva all’ingresso. Da lassù torreggiava, Sua Giovinezza, dal crinale distingueva dentro e fuori, traguardava, collimava, moltiplicava mani e occhi, lanciava impaziente nugoli di note – sotto, ordinate, le nostre evoluzioni. Età dell’oro dei Sessanta, sul finire. Vivevamo un tempo celeste, inespugnato, senza rotta. Cristina Simoncini Le parole che ora ti s'incespicano nel palato, il tuo sorriso imbarazzato per non saper dire, come s'io avessi dimenticato le tue timidezze di allora - e le mie -e non dessi valore alla fragilità forte di chi mi ripete mille volte "ormai ho i capelli bianchi", sono doni per i miei occhi. Perché ogni volta che la mia balbuzie, il mio pianto soffocato per il tuo declino, diventa parola che sblocca le tue memorie, ogni volta che ci basta uno sguardo e un sorriso accennato, io so che nulla cambia e che la canizie di cui parli è la mia. Ci guardiamo così, due bimbi balbuzienti, sorretti da

Tre inediti di Carla Viganò

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I. Si perde tanto con l’amore Se ho visto rinunciare All’uomo in amore per amore Al proprio desiderio - la donna l’altra È perché una bella cosa Se negata da lacci corde e nodi È come quando Trattenendo il fiato Ti senti dentro il mare che fa male Ma cosa fa l’amore Veleggia in mari calmi E schiva l’orizzonte Se tempestoso poi mette nelle reti La sua fronte la mano È un pescatore che guarda Dalla barca il suo colore La casa ferma le finestre illuminate II. è quella parsimonia di suoni che a volte sembra disumana eppure dà nuovo fascino alle cose tutte per apoteosi malinconica delle parole non dette  ma a chi si pensa quando non si parla? digli che sei malata ma non della mancanza perché lo sai come sono fragili i progetti quali raggiri hanno con il cielo III. Le parole nelle tue mani Ieri l’abitacolo dell’auto è diventata l’alcova Qualche colomba tubava per i fatti suoi piena di gioia e anche le nuvole entrate per sbaglio in questo regno stavano bene Ci siamo incautamente

Tre inediti di Carla Viganò

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I. Si perde tanto con l’amore Se ho visto rinunciare All’uomo in amore per amore Al proprio desiderio - la donna l’altra È perché una bella cosa Se negata da lacci corde e nodi È come quando Trattenendo il fiato Ti senti dentro il mare che fa male Ma cosa fa l’amore Veleggia in mari calmi E schiva l’orizzonte Se tempestoso poi mette nelle reti La sua fronte la mano È un pescatore che guarda Dalla barca il suo colore La casa ferma le finestre illuminate II. è quella parsimonia di suoni che a volte sembra disumana eppure dà nuovo fascino alle cose tutte per apoteosi malinconica delle parole non dette  ma a chi si pensa quando non si parla? digli che sei malata ma non della mancanza perché lo sai come sono fragili i progetti quali raggiri hanno con il cielo III. Le parole nelle tue mani Ieri l’abitacolo dell’auto è diventata l’alcova Qualche colomba tubava per i fatti suoi piena di gioia e anche le nuvole entrate per sbaglio in questo regno stavano bene Ci siamo incautamente desi

Tre inediti di Carla Viganò

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I. Si perde tanto con l’amore Se ho visto rinunciare All’uomo in amore per amore Al proprio desiderio - la donna l’altra È perché una bella cosa Se negata da lacci corde e nodi È come quando Trattenendo il fiato Ti senti dentro il mare che fa male Ma cosa fa l’amore Veleggia in mari calmi E schiva l’orizzonte Se tempestoso poi mette nelle reti La sua fronte la mano È un pescatore che guarda Dalla barca il suo colore La casa ferma le finestre illuminate II. è quella parsimonia di suoni che a volte sembra disumana eppure dà nuovo fascino alle cose tutte per apoteosi malinconica delle parole non dette  ma a chi si pensa quando non si parla? digli che sei malata ma non della mancanza perché lo sai come sono fragili i progetti quali raggiri hanno con il cielo III. Le parole nelle tue mani Ieri l’abitacolo dell’auto è diventata l’alcova Qualche colomba tubava per i fatti suoi piena di gioia e anche le nuvole entrate per sbaglio in questo regno stavano bene Ci siamo incautamente desi

Tre inediti di Monica Zanon (Moka)

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I tre inediti che qui si pubblicano fanno parte di una mini silloge dell'autrice formata da cinque poesie il cui titolo è "Lo schianto della consapevolezza" I. La pelle non dimentica il respiro a singhiozzi, la corte di finte carezze, non dimentica la razza del livido, il gelido accordo del sangue, il bicchiere vuoto e il tracanno delle botte. IV. La pelle non dimentica il ripetersi dei gesti di sopravvivenza [nell’infanzia  non dimentica l’odio del tannino  come il marchio delle bugie. V. La pelle non dimentica le domande amplificate dall’acqua: lo schianto della consapevolezza è l’effetto domino dell’esistenza.  ____ NOTE BIOBILIOGRAFICHE Monica Zanon ( Moka ) è nata nel pieno inverno del 1982, da mamma toscana e papà veneto, è indigena di Solcio di Lesa (NO) ed è cresciuta nell’azienda agricola dei genitori, contesa tra il verde della collina e il blu del Lago Maggiore che considera la chiave di lettura dei suoi umori. È perito mec

Tre inediti di Monica Zanon (Moka)

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I tre inediti che qui si pubblicano fanno parte di una mini silloge dell'autrice formata da cinque poesie il cui titolo è "Lo schianto della consapevolezza" I. La pelle non dimentica il respiro a singhiozzi, la corte di finte carezze, non dimentica la razza del livido, il gelido accordo del sangue, il bicchiere vuoto e il tracanno delle botte. IV. La pelle non dimentica il ripetersi dei gesti di sopravvivenza [nell’infanzia  non dimentica l’odio del tannino  come il marchio delle bugie. V. La pelle non dimentica le domande amplificate dall’acqua: lo schianto della consapevolezza è l’effetto domino dell’esistenza.  ____ NOTE BIOBILIOGRAFICHE Monica Zanon ( Moka ) è nata nel pieno inverno del 1982, da mamma toscana e papà veneto, è indigena di Solcio di Lesa (NO) ed è cresciuta nell’azienda agricola dei genitori, contesa tra il verde della collina e il blu del Lago Maggiore che considera la chiave di lettura dei suoi umori. È perito meccanico ed è appassionat

Tre inediti di Monica Zanon (Moka)

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I tre inediti che qui si pubblicano fanno parte di una mini silloge dell'autrice formata da cinque poesie il cui titolo è "Lo schianto della consapevolezza" I. La pelle non dimentica il respiro a singhiozzi, la corte di finte carezze, non dimentica la razza del livido, il gelido accordo del sangue, il bicchiere vuoto e il tracanno delle botte. IV. La pelle non dimentica il ripetersi dei gesti di sopravvivenza [nell’infanzia  non dimentica l’odio del tannino  come il marchio delle bugie. V. La pelle non dimentica le domande amplificate dall’acqua: lo schianto della consapevolezza è l’effetto domino dell’esistenza.  ____ NOTE BIOBILIOGRAFICHE Monica Zanon ( Moka ) è nata nel pieno inverno del 1982, da mamma toscana e papà veneto, è indigena di Solcio di Lesa (NO) ed è cresciuta nell’azienda agricola dei genitori, contesa tra il verde della collina e il blu del Lago Maggiore che considera la chiave di lettura dei suoi umori. È perito meccani

A papà

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A mio padre Ora lo so; hai dovuto rinunciare all'idea del sogno, per sopravvivere all'incubo. E so che i limiti che imponiamo a noi stessi non accettiamo siano superati da chi amiamo. Ma il mio sogno, papà, è un tributo al tuo, e se, nel sogno, recupero un'infanzia negata, non credere, non ignoro lo strazio della tua. Ora va di moda dire, papà, che il perdono è l'impossibile detto di chi in fondo si sente superiore  a chi perdona. Ma noi siamo ebrei, papà, e sappiamo che il perdono  è figlio di un lavorio continuo, d'una ricerca di tracce sotto al fango, e d'una immaginazione fertile capace di riconoscere nel tuo sguardo sbarrato d'ansia la gioia di te bimbo  a rincorrere un pallone, prima delle persecuzioni.

A papà

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A mio padre Ora lo so; hai dovuto rinunciare all'idea del sogno, per sopravvivere all'incubo. E so che i limiti che imponiamo a noi stessi non accettiamo siano superati da chi amiamo. Ma il mio sogno, papà, è un tributo al tuo, e se, nel sogno, recupero un'infanzia negata, non credere, non ignoro lo strazio della tua. Ora va di moda dire, papà, che il perdono è l'impossibile detto di chi in fondo si sente superiore  a chi perdona. Ma noi siamo ebrei, papà, e sappiamo che il perdono  è figlio di un lavorio continuo, d'una ricerca di tracce sotto al fango, e d'una immaginazione fertile capace di riconoscere nel tuo sguardo sbarrato d'ansia la gioia di te bimbo  a rincorrere un pallone, prima delle persecuzioni.

A papà

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A mio padre Ora lo so; hai dovuto rinunciare all'idea del sogno, per sopravvivere all'incubo. E so che i limiti che imponiamo a noi stessi non accettiamo siano superati da chi amiamo. Ma il mio sogno, papà, è un tributo al tuo, e se, nel sogno, recupero un'infanzia negata, non credere, non ignoro lo strazio della tua. Ora va di moda dire, papà, che il perdono è l'impossibile detto di chi in fondo si sente superiore  a chi perdona. Ma noi siamo ebrei, papà, e sappiamo che il perdono  è figlio di un lavorio continuo, d'una ricerca di tracce sotto al fango, e d'una immaginazione fertile capace di riconoscere nel tuo sguardo sbarrato d'ansia la gioia di te bimbo  a rincorrere un pallone, prima delle persecuzioni.

La radice (Silloge dedicata a Isabella Morra di Emanuela Sica)

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  La silloge che qui si pubblica, dedicata alla figura di Isabella Morra è apparsa nella Antologia Rosso VDG-O, curata dalla stessa autrice, Emanuela Sica. Tale antologia raccoglie gli scritti di ottanta autrici tra cui Dacia Maraini. La prima parte del libro è di mano di Emanuela Sica, mentre nella seconda sono raccolte poesie, racconti, saggi delle altre autrici. I   Nei passi notturni dei timidi sogni, rubati dalle mani della paura io corro libera dai pesi del giorno. Come il petalo di una violetta, il mio piè si muove leggero e non affonda. Nel respiro si abbraccia alle amorevoli stelle, sarte di storie incantate che mi sottraggono al dolor che m’affligge persecutore. Mareggiano negli occhi gemme perlescenti stupore liquefatto nel sentiero della quiete lacrime filosofali e melodia di inerpicati sospiri. Mi inebriano le assopite guance, le rosee carezze del primo sole eppure avviluppata al desiderato dormiveglia prego che Morfeo mi doni altro smarrimento e soave letizia. Nei suoi l

(Redazione) - Dissolvenze - 05 Chiudi gli occhi e apri la bocca (su Henry Hargreaves)

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  di Arianna Bonino A volte si fa per scherzare, s’immaginano cose, si gioca. Quando ero piccola – e lo sono stata in compagnia di un fratello gemello e di uno più grande di solo un anno e mezzo – durante i viaggi in macchina, con noi tre stipati sul sedile posteriore di una Ford Escort carta da zucchero, pronti a generare liti furiose e a darcele a sangue come solo i bambini e gli animali sanno fare, mia madre cercava di differire il climax della violenza fratricida proponendoci giochi che non potevano essere altro che competizioni, il che pertanto se da un lato ci distraeva momentaneamente dall’ammazzarci, dall’altro alimentava l’odio reciproco e predisponeva ad un escalation furiosa, che puntualmente sfociava in pianti lacrime, graffi e sberle poco fraterne e nella consueta sosta in autogrill per separarci l’uno dall’altra, farci lavare il viso paonazzo dalle lacrime e fare pipì, già che c’eravamo.  Quelli che proponeva mia madre erano giochi di parole e d’immaginazione: “tutti gli