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Visualizzazione dei post da novembre, 2022

(Redazione) - Lo spazio vuoto tra le lettere - 14 - "Poesia degna e sobria": a proposito “Khamsin” di Maria Grazia Galatà (Marco Saya ed., 2021)

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di Sergio Daniele Donati Nel 2021 è uscita per i tipi di Marco Saya Editore la silloge  Khamsin di Maria Grazia Galatà, raccolta che sicuramente si caratterizza per la maturità dei tratti stilistici e di contenuto.  Come altrove nella produzione copiosa dell'autrice, troviamo anche in questa raccolta il richiamo al dominio di una geometria del sentire, quasi ad una familiarità con l' aritmetica del sentire.  Già alla prima composizione della raccolta quanto sopra appare evidente.  Ne riportiamo il testo qui sotto ed è tramonto di un passo dentro ogni spina di spine  la fine di un luogo  la forma dell’angolo nel limite ignoto  e dimmi – le tue albe quali sono? La misura è già presente al secondo verso in quel passo che appare non incerto ma cadenzato e diretto verso la fine di uno spazio ben delineato.  Una finis, un exitus, un tramonto  che trova specchio nella domanda finale, con una simmetria che non può non esser colta da chi legge.   E non si può non notare che questo pa

(Redazione) - Lo spazio vuoto tra le lettere - 14 - "Poesia degna e sobria": a proposito “Khamsin” di Maria Grazia Galatà (Marco Saya ed., 2021)

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A cura di Sergio Daniele Donati Nel 2021 è uscita per i tipi di Marco Saya Editore la silloge  Khamsin di Maria Grazia Galatà, raccolta che sicuramente si caratterizza per la maturità dei tratti stilistici e di contenuto.  Come altrove nella produzione copiosa dell'autrice, troviamo anche in questa raccolta il richiamo al dominio di una geometria del sentire, quasi ad una familiarità con l' aritmetica del sentire.  Già alla prima composizione della raccolta quanto sopra appare evidente.  Ne riportiamo il testo qui sotto ed è tramonto di un passo dentro ogni spina di spine  la fine di un luogo  la forma dell’angolo nel limite ignoto  e dimmi – le tue albe quali sono? La misura è già presente al secondo verso in quel passo che appare non incerto ma cadenzato e diretto verso la fine di uno spazio ben delineato.  Una finis, un exitus, un tramonto  che trova specchio nella domanda finale, con una simmetria che non può non esser colta da chi legge.   E non si può non notare che qu

(Redazione) - Lo spazio vuoto tra le lettere - 14 - "Poesia degna e sobria": a proposito “Khamsin” di Maria Grazia Galatà (Marco Saya ed., 2021)

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A cura di Sergio Daniele Donati Nel 2021 è uscita per i tipi di Marco Saya Editore la silloge  Khamsin di Maria Grazia Galatà, raccolta che sicuramente si caratterizza per la maturità dei tratti stilistici e di contenuto.  Come altrove nella produzione copiosa dell'autrice, troviamo anche in questa raccolta il richiamo al dominio di una geometria del sentire, quasi ad una familiarità con l' aritmetica del sentire.  Già alla prima composizione della raccolta quanto sopra appare evidente.  Ne riportiamo il testo qui sotto ed è tramonto di un passo dentro ogni spina di spine  la fine di un luogo  la forma dell’angolo nel limite ignoto  e dimmi – le tue albe quali sono? La misura è già presente al secondo verso in quel passo che appare non incerto ma cadenzato e diretto verso la fine di uno spazio ben delineato.  Una finis, un exitus, un tramonto  che trova specchio nella domanda finale, con una simmetria che non può non esser colta da chi legge.   E non si può non notare che qu

Il quarto Alef-Bet - 08 (Zain/Het)

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Una cadenza lenta un fuoco basso in un deserto alieno testimoniano l'unione impossibile. Il bacio dei contrari crea il varco; e io sorrido. Testo  -  inedito 2022 -  e immagine di Sergio Daniele Donati

L'altro lato della meditazione

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Prima sono i simulacri del ricordo. Disorganizzati e cristallini, si manifestano come urla leggere di bambine, nei parchi giochi.  Sembrano scatole color pastello con dentro gessetti in mille pezzi per scrivere numeri  su cui saltare ilari su un asfalto asettico.  Poi è il vento o l'acqua; e si tacita ogni memoria nel momento del ritorno al ventre di balena del respiro. Là chi medita muta  colore dell'iride e l'ossidiana trascende in diaspro, la giada in granito; la pirite in oro. Il corpo manifesta l'ossimoro d'una tensione etica e rilassata sull'asse verticale della non comprensione. E, se c'è un canto, è simile a quello d'Odisseo  prima di abbandonare Itaca non a quello della sirena. In meditazione si è a un passo dalla salvezza ma quel passo non si compie. Il giogo del qui e ora pesa sui nostri colli; e restiamo assenti alle radici, evanescenti al sorriso dei nostri stessi figli. Siamo schiavi d'un dire ebete che non accetta  il disequilibrio fer

Quattro inediti tratti dalla silloge "Se mi sfiori (s)fiorisco" di Valentina Meloni

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donna cosmo sono una donna cosmo ho in me vortici di stelle la luna e i pianeti e il corpo celeste del creato negli occhi orbite e rivoluzioni tra i seni venti e maree nelle mani fiumi e foreste nei capelli rami pulviscolo di sogni e il mio grembo è un prato fiorito un giardino incantato in cui sbocciano le aurore sono del mare dell’acqua del vento sono del mare dell’acqua del vento non mi puoi prendere legare incatenare sono del mare dell’acqua del vento vado per strade tessute di bisso e fluttuo con le maree del mio essere vago per campi di luna in luminosi sentieri intenta sono del mare dell’acqua del vento sono del tempo buono quello che non si conta e navigo su oceani di solitudine persa in abissi infiniti di malinconie solo mie mi perdo negli idrogeni del mondo… io sono del mare dell’acqua e del vento c’è un pianto nel cielo il freddo m’è penetrato nelle ossa oggi tutto riluce di vaghezza c’è un pianto nel cielo che resta sospeso tra nubi e desiderio la siepe si è innalzata a dis

Quattro inediti tratti dalla silloge "Se mi sfiori (s)fiorisco" di Valentina Meloni

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donna cosmo sono una donna cosmo ho in me vortici di stelle la luna e i pianeti e il corpo celeste del creato negli occhi orbite e rivoluzioni tra i seni venti e maree nelle mani fiumi e foreste nei capelli rami pulviscolo di sogni e il mio grembo è un prato fiorito un giardino incantato in cui sbocciano le aurore sono del mare dell’acqua del vento sono del mare dell’acqua del vento non mi puoi prendere legare incatenare sono del mare dell’acqua del vento vado per strade tessute di bisso e fluttuo con le maree del mio essere vago per campi di luna in luminosi sentieri intenta sono del mare dell’acqua del vento sono del tempo buono quello che non si conta e navigo su oceani di solitudine persa in abissi infiniti di malinconie solo mie mi perdo negli idrogeni del mondo… io sono del mare dell’acqua e del vento c’è un pianto nel cielo il freddo m’è penetrato nelle ossa oggi tutto riluce di vaghezza c’è un pianto nel cielo che resta sospeso tra nubi e desiderio la siepe si è innalzata a dis

(Redazione) - Nota di lettura alla silloge di Adriana Rinaldi "Dentro un chicco di caffè" (Porto Seguro ed., 2022)

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È uscita ad ottobre del 2022 la nuova raccolta poetica di Adriana Rinaldi per i tipi di Porto Seguro ed.   La silloge si caratterizza per una scrittura meditativa e molto personale in cui l'autrice lascia trasparire un mondo etico e spirituale in cui i richiami al sacro, benché non sempre espliciti, sono del tutto evidenti.   Tuttavia qui il sacro, al contrario di molte altre scritture che vivono gli eccessi d'una imposta seriosità, prende le caratteristiche del tutto differenti di una quotidiana serietà. La cosa è evidente già dal titolo eletto dalla autrice per la sua silloge, ove viene esppresso appieno il rapporto intimo tra interiorità e una piccolezza creativa che non comporta mai sminuimento. Ad esempio in una sua composizione senza titolo l'autrice così scrive: Mi risuona il tempo non tempo mi risuona l'essere imperituro dell'esistenza lo spazio cosmico sublimato da percezioni metafisiche. Un soffio la vita. L'esordio della poesia richiama elementi alt

Due poeti allo specchio (Bruno Di Pietro e Sergio Daniele Donati)

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Augusto a Somma evoca Orazio e Mecenate di Bruno di Pietro Tutt'altro che pallida, Quinto, è la morte. Nulla s'impara nella perdita dei più cari affetti come in quell’ostile autunno che portò via te e Gaio. Ritroveremo nell’Ade il sapore delle olive e del vino della Sabina e quei silenzi in cui ognuno pensava con se stesso? Il mio viaggio verso l'origine si ferma a Somma non si può vedere l'inizio prima della fine. Sono in quella radura del tempo e dello spazio che non ha sponde: non più qui non ancora altrove. Devo salutare le costellazioni mentre incoronano il vulcano. Svanisce la quieta maestà delle stelle di fronte alla minacciosa infinità priva di futuro. Svanisce l'erba in questi afosi giorni estivi svaniscono le rose prima del crepuscolo. È questa la notte dell’antico niente e persino le ali della luce sono lente quando non sai più se l’ora passata è un'ora persa o un’ora guadagnata. Ascolta. Il cigolio degli scalmi lo sciabordio dei remi annunciano l'

Un mezzo liquido

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Necessita di liquido ogni dire che, troppo a lungo stagnante, è cozza sulla roccia scivolosa della parola. Il silenzio , certo, è fluido ma troppo torbido e solleva ad ogni suo passaggio bruni fondali di significato.  Cerco dunque non lo zittimento, ma una parola ebete, uno sguardo ottuso sul suono che le cose trasmettono come sirene sdentate.  Foto e testo -  inedito 2022 -  di Sergio Daniele Donati

(Redazione) - Dissolvenze - 13 - RACCONTO A QUATTRO ANTE (parte terza e quarta)

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di Arianna Bonino Questo armadio racchiude quattro brevissime storie. Ma, una volta aperte tutte e quattro le ante di questo strano armadio, si scoprirà che la storia è una e una soltanto. Forse. Le prime due ante sono state aperte il mese scorso e le trovate qua E ora, se volete andare fino in fondo, seguitemi…   TERZA ANTA: RESISTENZE Sarà stato anche moderno e spazioso, almeno così le era parso durante i due sopralluoghi, ma adesso che c’era, via via che prendeva confidenza con quell’appartamento, si faceva sempre più chiaro quanto fosse datato l’impianto elettrico: arterie, capillari, snodi e resistenze che colonizzavano le pareti di un macramè d’inestricabili compromessi avevano fatto cilecca già un paio di volte in un solo pomeriggio. Una regola di base della convivenza tra lei e quella trama sottocutanea ricoperta d’intonaco giallo s’impose da subito. Doveva scegliere: o un toast accompagnato dal brusio del televisore oppure il microonde che trasformava qualcosa in qualcos’altro