(Redazione) - Su Vora di MARA VENUTO (peQuod Ed., 2023) - a cura e con nota di lettura di Annalisa Mercurio

Vora è l’ultima raccolta
poetica di Mara Venuto per peQuod editore. Questa sua opera, in una
veste non definitiva, ha ricevuto una menzione d’onore al

Premio Lorenzo Montano 2021,
ed
è stata finalista
al Premio di Letteratura Contemporanea

Bologna in lettere 2022. 



Vòra (dal
latino 
vorare, inghiottire)
è un termine dialettale pugliese per indicare voragini o
inghiottitoi dovuti all’erosione delle acque sui calcari o a
sprofondamenti del suolo. 
Il
titolo di questa raccolta quindi, si fa preludio di un’opera
asciutta, potente come la terra nella quale nasce il pensiero lucido
della poetessa. Una terra aspra e carica di pathos, che non lascia
spazio a sentimenti molli; terra di processioni, di santi, d’intrecci
tra sacro e profano, terra di tarante, di piedi nudi a contatto con
un suolo sanguigno.
Vora
è un ossimoro, un vuoto e il pieno tutt'intorno, mancanza d'aria e
aria stessa. La prima domanda che il lettore potrebbe porsi è la
seguente: dove si trova il nostro punto di osservazione? E dove
quello dell’autrice? In cima alla voragine, con un affaccio sul
baratro, o sul fondo dello strapiombo, sotto uno strappo di cielo
irraggiungibile in cerca di appigli per una risalita?
La
parola di Mara Venuto è estremamente simbolica, è ricordo che si fa
pelle. È sia dialogo con il lettore (o spettatore, vista la sua
capacità di proiettare immagini e al contempo di proiettarci in
esse) o, attraverso il lettore, con sé stessa.
Tramite
una serie di fotogrammi che oserei dire visionari, la poeta porge a
noi il suo sguardo sulle cose visibili e invisibili, uno sguardo
sensibile a ogni impercettibile cambio di luce, di ombra, di
posizione di ciascuno di noi, esseri inesistenti, in una terra e un
tempo di un’isola che non c’è. È così che l’autrice lascia
parlare i suoi luoghi, geografici e intimi.
La
sua poetica è una quotidiana Odissea, un viaggio nel destino di ogni
uomo:
“le
cose perdute nel naufragio”

, la deriva
come
destino di ogni essere, l’impossibilità di poter morire là dove
si nasce: poco importa se questi versi siano descrittivi di una
condizione oggettiva o se ci proiettano nell’allegoria di un
viaggio ben più ampio (quello del cambiamento) destino ineluttabile
di ognuno di noi.

Non esiste più il luogo
e non esistiamo noi nel luogo.
Avevamo risposte a domande pesanti
e le abbiamo fatte morire
dentro a nessuna espressione.
il luogo eravamo noi e
poi l'abbandono.rifiutare una terra e averla fra i denti
come fibre indigerite
mentre si cerca un posto.

In
Vora riscontriamo un’accurata ricerca lessicale e sintattica, una
continua osmosi tra significato e significante in una silloge che sa
vestirsi di innocente ferocia nella quale
il
sentire umano si fa strada, pietra, portone (via d’ingresso e di
fuga). Mara Venuto inoltre, onora (rendendoli estremamente
contemporanei) i seguenti versi:

La
poesia consiste nella visione d'un particolare inavvertito, fuori e
dentro di noi” (G.Pascoli ‘Il fanciullino’).
Abbiamo una parola che diVora e lascia un senso di inquietudine; parola figlia di una consapevolezza fonica incredibilmente capace di avvicinarsi all’indicibile, parola capace di sospenderci per tutta la durata della raccolta nel vuoto di un precipitare onirico.
Nascere a Natale
in corsia puerpéri e aborti insieme
le donne in una gerarchia violenta.
Raccontare di un parto
come dell’avvento di Cristo
e crocifiggere sul nascere l’umanità
di quel figlio


Che quella di Vora sia una visione multidimensionale, la quale verso dopo verso sfocia in differenti spazi e tempi, lo dimostra la seguente chiusa in cui la poeta ci apre il sipario su un poi, legando passato e presente a un desiderio di divenire futuro.

Quale rumore spande la sua forza
batte i colpi nella gola
e i vuoti sono un calendario dell’avvento
un personale conto alla rovescia per ciò che è stato.
I gatti si muovono la notte con gli occhi,
vanno dove non andrei, nei covi dei ragni
e di tutte le bestie che popolano il mondo,
fino ai buchi dei ricordi,
nella bocca di parole impotenti
a scrivere ciò che è stato.
È lì che più di tutto vorrei andare.

Mara Venuto è un’autrice pronta ad affermarsi tra le voci più interessanti della poesia contemporanea.
Vi consiglio di accogliere la sua voce e di conservarla, come luce, come ombra. Come talismano.

Per la REDAZIONE de Le parole di Fedro
La redattrice - Annalisa Mercurio
______

NOTE BIOBIBLIOGRAFICHE

Mara
Venuto è nata a Taranto, vive a Ostuni. Tra le sue pubblicazioni
premiate: i monologhi teatrali
Leggimi
nei pensieri

(2008),
The monster
(2015, testo finalista al
Mario
Fratti Award
2014)
di New York per la drammaturgia italiana; le raccolte poetiche
Gli
impermeabili

(2016),
Questa
polvere la sparge il vento

(2019
) La lingua
della città

(2021). Ha curato e pubblicato numerose antologie, tra cui un ciclo
di volumi al femminile; è inclusa in molte opere collettive di
poesia, prosa e teatro. Ѐ presente in monografie dedicate alla
poesia italiana femminile contemporanea e in volumi di ricognizione
critica. Suoi testi originali e corti teatrali sono stati
rappresentati con buon riscontro di pubblico e critica; sue poesie
sono state tradotte e pubblicate in otto lingue. È stata ospite di
Festival internazionali di poesia, tra
cui
IX Festival di Poesia Slava
a
Varsavia nel 2016;
XV
Festival Trirema e poezisë Joniane

a Saranda (Abania) nel 2021;
Festival
Ditët e Naimit
a
Tetova (Macedonia) nel 2022. Una versione inedita e non definitiva la
raccolta Vora ha ricevuto una menzione d’onore al Premio Lorenzo
Montano 2021, è stata finalista al Premio di Letteratura
Contemporanea Bologna in Lettere 2022 e seconda classificata al III
Premio Letterario nazionale Gianmario Lucini 2022.





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