(Redazione) - Lettera aperta a Gabriella Grasso in occasione dell'uscita della sua raccolta "Sciott" (Puntoacapo ed., 2024) di Sergio Daniele Donati

 



Sapevo, Gabriella, della mia incapacità - quasi un impossibilia  - di scrivere una nota di lettura classica alla tua raccolta Sciott (Puntoacapo ed., 2024), ancora prima di averla tra le mani.
Perchè conosco i tuoi tratti, i timbri della tua voce poetica e i suoi ritmi, che così tanto spesso mi zittiscono e annullano la mia capacità di pormi al di fuori, o sopra, o a lato del testo.
Nei tuoi testi c'è solo un luogo, ove io possa sostare: dentro.
Leggerti, lo sai, per me è percorrere assieme a te le tue vie, soffermarmi nelle tue piazze, in quello Sciott che io immagino tondo ed accogliente storie di vita, dal calore tipicamente mediterraneo.
E significa per me magari sedersi su un muretto a secco di quella stessa piazza, assaporare un gelato e trovar risposte.
Così ad esempio mi è successo leggendo la tua Il poeta, forse, ché già su quell'avverbio in cui credo tanto, su quell'eppure sospeso possiamo stendere i panni di una domanda antica e persistente su cosa sia  poesia e su chi sia poeta.

Il poeta, forse

Trasluce una forma
dall'intreccio dei rami
dalle brecce dei muri

dalle grate di una finestra

dalle orbite di occhi passanti
e di occhi ormai chiusi
da una mano pietosa

Lui cammina tenendola stretta
nel suo pugno
di ferro e di possibilità

poi abbassa lo sguardo
e si muove tra gli altri
quasi ombra
tra ombre, a comporre
una trama di lame e di luce
interrotta

Un elenco stretto di moti dal luogo, una descrizione delle possibili sorgenti esterne di una intuizione interiore, e un movimento commovente e poetico, lo sguardo basso, timido accesso all'altruità per dare atto di una presenza quasi mistica, composta di luci interrotte e lame, che sono i tagli sui palmi delle mani che la parola lascia a chi prova a maneggiarla. 
Eppure a quel poeta, Gabriella, mentre mi si scioglie il gelato sulle mani, io non posso non pensare con lacrime di commozione, perchè mi pare, guardandolo assieme a te, di riconoscerne ogni inciampo, ogni titubanza, ogni balzo represso del cuore, ogni sguardo su un timido asfalto, per evitare di disturbare. 
Lo vedo adolescente, il cuore gonfio di vita, e la parola ancora acerba, difficile a far uscire da una pelle con ancora i segni di un'acne imbarazzante. 
Oppure lo vedo già semi-anziano sussurrare mentre cammina benedizioni lente alla vita che lo circonda e a quella che, inciampando spesso, non ha saputo vivere quando avrebbe dovuto. 
È un poeta, dicevo, che conosco bene e che tu descrivi come potrei descrivere io la mia immagine riflessa da uno specchio. 

Così come conosco bene la brama di stasi che dà ad una piazza semideserta e accaldata un sole che batte a picco.

Zenith

Sotto i colpi
di un sole allo zenith
equatore della piazza deserta
ed inerme

Maldestro
accaldato lanciatore di coltelli
lui, lei
primula smossa
sgualcita

poco più che bambini

un'arancia metà rancida e metà molle
ma ancora sul ramo
la vita

Io, dicevo, conosco bene che nutrimento dia la stasi, quando tutto tace e freme per un calore eccessivo, pronto al balzo vitale che solo l'ombra della sera potrà donare. 
Io so, e tu sai che so, che intuizione dia, in una piazza accalorata semideserta, percorrere con sguardo lento i soggetti resistenti che l'abitano. 
Un fiore in decadenza, un frutto rancido, una coppia che passa e quel silenzio che solo la vita sa esprimere quando ti ordina "fermati, osserva, ascolta".
Io questo lo so e lo cerco nei miei lugli milanesi e folli, in piazze tanto diverse dal tuo Sciott, ma, in quegli istanti magici, tanto simili, in cui pare di vivere l'ansia metafisica di De Chirico nelle sue agorà semivuote. 
E poi ancora: "fermati, osserva, ascolta...taci".
Perchè la tua poesia tacita il lettore, lo rende spettatore del dispiegarsi delle cose, come fanno certi anziani seduti su una panchina dei tuoi Sciott ad osservare il mondo mentre vive la vita che è la sua, la dimensione comunitaria, l'incontro/scontro con l'altro. 

Loro siedono e osservano, e così ho fatto io, leggendoti. E ho sentito un respiro, non privo dell'ironia che ti distingue, di vero accoglimento, un tuo (e mio) esserci in quello Sciott con l'intenzione di rimanerci il più a lungo possibile, come quando da piccoli si giocava al cortile e solo il grido che non ammetteva replica di mamma "Seeeergioooooo è un'ora che ti aspetto ed è pronto a tavola", mi faceva abbandonare quei luoghi, con la promessa che ci sarei tornato. 
E ci sono tornato, sai, con la scrittura ci sono tornato, cosciente che il mio vagare nel mondo sempre lì ha voluto riportarmi. 
E così tu, Gabriella, mi hai permesso di riassaporare una poesia che non lega e ferisce né dà effetti urticanti al contatto con la parola, ma una poesia che semplicemente ti rende partecipe e felice di stare nei luoghi e con le persone (personaggi sarebbe un limite) che tu qui descrivi. 
Questa lettera aperta la vorrei concludere con un tuo testo, quello che conclude la tua raccolta.
Ma prima di trascriverne il testo ti chiedo di poterne parlare con te, fuori dal luogo che qui ci ospita. 
La lascio senza commento e spero che tu intuisca che è solo una profonda emozione che mi spinge a fare questo.

Epilogo
(la piazza)

Sciott
biglia nel ricordo rotonda
in un'orbita stanca

e qui solo frammenti
di mattoni di lava
di fontane dismesse

qui ora
il dispenser dell'acqua "Per tutti"
e al centro
il display per descrivere
un dove di pixel

Mia figlia
ha sentito una musica nuova
dall'ipad di un ragazzo
schizzato un istante
con la bici sul diametro fesso
di una Sciott
non più piazza

sembra rock
dice, o no
fosse una passacaglia
sottofondo a una propaganda

Mi dice
è bella
ascoltala, mamma


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NOTE BIOBIBLIOGRAFICHE

Gabriella Grasso (Catania 1971) vive ad Acireale e insegna lettere. Si è occupata di linguistica della LIS, Lingua Italiana dei Segni (Zanichelli 1998, Del Cerro 1999), di cui è interprete. Scrive per diversi spazi letterari, nazionali e internazionali. La sua opera prima, Quale confine, pubblicata nel dicembre 2019 per le Edizioni Kolibris (Ferrara), ha ricevuto un attestato di merito al Premio Lorenzo Montano 2020 e il premio della critica nell’edizione 2020 dell’Etnabook. Un suo inedito ha vinto il primo premio al Sonetto d’argento-Premio Jacopo da Lentini 2020. Nel 2021 è uscito Il Generale Inverno (Il Convivio, Castiglione di Sicilia). Suoi testi sono tradotti in inglese, spagnolo e cinese. In Secolo Donna 2021 (Macabor 2021) sono presenti sue poesie e un contributo critico sulla sua poetica, a cura di Davide Zizza. Alcuni suoi testi, tradotti in inglese da Ana Ilievska, fanno parte di Guide to Contemporary Sicilian Poetry: an Anthology, a cura della Stanford University (Italica Press 2023).


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