Estratto tratto dalla raccolta "Memoriali bianchi" (Edizioni Smasher, 2014) di Emilia Barbato - con nota di lettura di Sergio Daniele Donati
È un vero piacere per Le parole di Fedro potervi proporre un estratto dalla raccolta di Emilia Barbato "Memoriali Bianchi" (Edizioni Smasher, 2014).
Sono poesie in cui l'idea dell'intimità trova incontro felice con la possibilità di un richiamo ad un altro che nel caso della poeta in esame appare molto fertile.
Ciò è evidente già dalla prima poesia "Scena prima" in cui la poeta immagina, in un dialogo con il poeta Chlébnikov, gli effetti di un amore in cui le sensazioni sono quelle dallo stesso grande poeta descritte, con un effetto di leggerezza finale, che contrasta - e crea poesia per questo - con le immagini di clamore e scalpore evocate.
Interessante poi nella poesia Noi, dai versi brevi ed incisivi, l'effetto creativo (e in un certo senso ri-creativo) di un suono (sillaba) che si lega alchenicamente alla terra e di una poesia/poeta che, portatore di luce - forse quando sillaba da suono diviene significato proprio questo avviene -, una luce che dissipa la notte.
Così come del tutto originale è la declinazione che del silenzio ci dona la poeta nella sua composizione dal titolo Cinema d'estate.
È un silenzio che diviene sostanza e colore - della natura del latte - e che trova nelle assenze delle intenzioni e nella stasi, che solo la stagione estiva ci sa donare come spettacolo simbolicamente trascinante, la sua essenza profonda.
Quel "nessuno verrà a cercare" mi farebbe rispondere "perchè tutto è già presente a sé stesso e la poeta ne è testimone senza volontà.
Del tutto apprezzabile è l'uso dei simboli che Emilia Barbato ci propone.
E, come sopra si diceva, c'è un'idea di statica, di presa d'atto delle "cose come sono" in questi versi che lascia il lettore molto piacevolmente colpito.
In altre parole per chi vi scrivere leggere questi versi è stata una sorta di presa di coscienza di una scrittura che - volutamente e con estrema maestria - allo stesso tempo si spoglia di ogni intenzione e, tuttavia, rifiuta un poetare meramente descrittivo facilone e cattura-plausi.
Ciò che è, pare dirci l'autrice, allo steso tempo non solo ci avvicina all'altro ma, in un certo senso ne è la manifestazione.
Un paradosso questo su cui dovremmo tutti riflettere molto di più.
Una scrittura quella della poeta Barbato che merita a mio avviso un'attenzione particolare, proprio per la naturalezza con cui sa percorrere un crinale tra due abissi per i più molto arduo: quello da un lato tra la facile descrizione dell'esistente e dall'altro la caduta in un simbolo troppo difficilmente trasmissibile per poter svolgere la sua intima funzione: quella dello disvelamento.
Per la redazione de "Le parole di Fedro"
il caporedattore - Sergio Daniele Donati
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Estratto tratto dalla raccolta Memoriali Bianchi
(Edizioni Smasher, 2014)
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Scena prima
Se tu mi amassi
come nella poesia di Chlébnikov
facendo uno scalpore d'occhi
e un nucleo solido nel corpo,
se scrivessi per me
la calma delle foglie e la folla di una lisca
lacustre, senza alcuna dimostrazione, verrei a te
camminando leggera come una formica.
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Noi
Fluttuante del mondo
scrive il bacio il beccaccino
e dove sillaba ricrea
terra e poeta la luce
dissipa la notte.
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Cinema d'estate
Un oceano lattescente di silenzio
svanisce i crinali e la memoria di Dio
sospesa sul mare, qui nessuno
verrà a cercare, solo
un affollamento di echi,
dal fondovalle impegna
mulattiera e rocce.
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Fluttuante del mondo
scrive il bacio il beccaccino
e dove sillaba ricrea
terra e poeta la luce
dissipa la notte.
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Cinema d'estate
Un oceano lattescente di silenzio
svanisce i crinali e la memoria di Dio
sospesa sul mare, qui nessuno
verrà a cercare, solo
un affollamento di echi,
dal fondovalle impegna
mulattiera e rocce.
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Mattino
In una caligine di medusa
oscurato il volto del principio.
Sulle mani sommerse
rose e quest'ora che ruota
su una giostra fulminata.
Nell'aria elettrica una farfalla blu,
due occhi di un pesce forcato,
l'acquamarina dopo verso sera.
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In una caligine di medusa
oscurato il volto del principio.
Sulle mani sommerse
rose e quest'ora che ruota
su una giostra fulminata.
Nell'aria elettrica una farfalla blu,
due occhi di un pesce forcato,
l'acquamarina dopo verso sera.
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Le tue mani
Arsi i cirri di luglio
posano in un umore di ombra le mani.
Rimbalzano sul lago le fioriture
selvatiche lungo i muri,
un papavero, un paesaggio
breve di nebbia e ubbia,
la voce di un fantasma.
Sulla schiena della vita cade la notte!
Spillo spietato - malefica memoria
traversa del tempo la carne
come questi sassi i ginocchi.
Arsi i cirri di luglio
posano in un umore di ombra le mani.
Rimbalzano sul lago le fioriture
selvatiche lungo i muri,
un papavero, un paesaggio
breve di nebbia e ubbia,
la voce di un fantasma.
Sulla schiena della vita cade la notte!
Spillo spietato - malefica memoria
traversa del tempo la carne
come questi sassi i ginocchi.
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Sentieri
Fiuta fresie, fucsia, fiordalisi. Flette forsizie, felci... folleggia!
"Il vento ha fame del figlio!" Guarda le trine! La spuma serra
le sclere e il mare saggia l'abisso con la pupilla.
Con un destino d'onda la discendenza guarda il suo
specchio. Riflette, si assottiglia, si ritrae... il genere svanisce!
Tra pigmento e pelo di martora la mano muove l'acqua. La
punta dipinge.
È scuro, l'uomo è di spalle. Invischiato in un verde Verona
afferra la gabbia sul petto, un palpito. Ancora una volta la
volontà della natura si avvera.
Avvizzirà! Ora, nell'alto piano,
perde ogni forma finanche il pittore.
Nel mio occhio annera un'aria già scura.
Minuto sordo nutri la paura,
solo la parola spande l'opale
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Fiuta fresie, fucsia, fiordalisi. Flette forsizie, felci... folleggia!
"Il vento ha fame del figlio!" Guarda le trine! La spuma serra
le sclere e il mare saggia l'abisso con la pupilla.
Con un destino d'onda la discendenza guarda il suo
specchio. Riflette, si assottiglia, si ritrae... il genere svanisce!
Tra pigmento e pelo di martora la mano muove l'acqua. La
punta dipinge.
È scuro, l'uomo è di spalle. Invischiato in un verde Verona
afferra la gabbia sul petto, un palpito. Ancora una volta la
volontà della natura si avvera.
Avvizzirà! Ora, nell'alto piano,
perde ogni forma finanche il pittore.
Nel mio occhio annera un'aria già scura.
Minuto sordo nutri la paura,
solo la parola spande l'opale
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Radicare
Privi di inventiva, di volontà,
svaporiamo nella misura
simili a stelle lungo le ciglia,
a mezz'aria guardiamo pariglie di folaghe
spargere geroglifici di luce.
Come una luna dal pozzo della notte
affiora l'origine.
La natura freme a fior d'acqua
lungo i canneti,
draga il lago di un senso
sconosciuto come se fosse un fulmine
che verga la pietra, un fiore nero.
Privi di inventiva, di volontà,
svaporiamo nella misura
simili a stelle lungo le ciglia,
a mezz'aria guardiamo pariglie di folaghe
spargere geroglifici di luce.
Come una luna dal pozzo della notte
affiora l'origine.
La natura freme a fior d'acqua
lungo i canneti,
draga il lago di un senso
sconosciuto come se fosse un fulmine
che verga la pietra, un fiore nero.
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NOTE BIOBIBLIOGRAFICHE
NOTE BIOBIBLIOGRAFICHE
Emilia Barbato è nata a Napoli nel 1971 e risiede a Milano. I suoi testi sono apparsi in diverse antologie, sulla rivista Gradiva International Journal of Italian Poetry, Il Segnale, Poezia di Bucarest, Immaginazione delle Edizioni Manni e sull’Aperiodico ad Apparizione Aleatoria delle Edizioni del Foglio Clandestino. Geografie di un Orlo (CSA Editrice, 2011) è la sua prima raccolta. Seguono Memoriali Bianchi (Edizioni Smasher, 2014) Capogatto (Puntoacapo Editrice, 2016), Il rigo tra i rami del sambuco (Pietre Vive Editore, 2018), Nature Reversibili (LietoColle, 2019), Flipper (Officina Coviello, 2022), Primo Piano Increspato (Stampa 2009, 2022)
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