Poesie Inedite di Luca Ariano - con nota di lettura di Sergio Daniele Donati
Foto di Dino Ignani |
Premessa - nemmeno troppo irrilevante - del redattore: questa nota di lettura è stata scritta ascoltando il Kyrie tratto dalla Messa in Si minore di J. S. Bach.
La cosa rileva perché tale musica è stata de me scelta proprio perché consigliata dal ritmo suggeritomi dalla lettura di questi meravigliosi inediti di Luca Ariano, autore che amo seguire da tempo.
Il Kyrie di Bach non è quello del Requiem di Mozart, né, tantomeno, di quello di Verdi.
È una fuga che trae e trasmette tutta la sua spiritualità in un perenne ritorno alla sorgente, un movimento a spirale che scioglie gli incerti ascolti di chi ne fruisce e lo trascina, senza salto più in alto, in una graduale salita e ascesa, senza strappi.
E così, pare a chi vi scrive, è la scrittura di Luca Ariano in cui palpita un quotidiano che non si limita alla descrizione di sé stesso, ma sa portare al lettore gli odori di un altro o di un altrove che si trova a latere delle parole.
Una poesia quindi suggestiva, nel senso più etimologicamente stretto, capace di suggerire, senza mai violarne gli spazi di libertà, al lettore la possibilità di un movimento di lenta salita.
Non siamo di fronte a una poesia densa di simboli ma, piuttosto, di ricordo, e il ricordo è, lo si sa, esso stesso il simbolo più dolce del ritorno, è ciò che ci riporta indietro, facendoci però avanzare, perché chi ricorda non è più chi ha esperito ciò che ricorda.
Una poesia questa quindi che non teme di non fingersi arcana o di difficile interpretazione.
No, qui il gioco sottile e delicato, è l'esatto contrario, quello di una verità celata dietro il quotidiano, come nel Kyrie che sto ascoltando, privo di spinte eccessive, ma lentamente trascinante.
E la lettura delle poesie di Luca Ariano non può che essere lenta e inesorabile, per arrivare a qdei finali che spesso tolgono al lettore il respiro.
Ve li riporto perché possiate goderne separatamente dal testo delle poesie.
Fuggirai presto dopo l’amore
ma quella sera che uccisero Moro
molti bambini incollati davanti Ufo Robot,
epilogo degli Anni Settanta.
ma quella sera che uccisero Moro
molti bambini incollati davanti Ufo Robot,
epilogo degli Anni Settanta.
Roma non sarà un viaggio di nozze
da poche lire e un futuro da scrivere:
le strade ancora non allagate,
lupi alle porte della città
ma far l’amore nella penombra
sarà sempre il loro pensiero di festa.
con il tuo pallore pavese di uomo
di pianura ami perderti nell’alba maceratese
del primo treno e ridono raccontando
che le Marche sono un’Umbria con il mare.
Stai solo anticipando il destino
di feste chiuso in casa tra tramonti
che paiono primavere mentre si spopolano
borghi di appennini: qualcuno ricorda
ombre di briganti ma forse un trucco
per gli ultimi turisti della stagione.
di feste chiuso in casa tra tramonti
che paiono primavere mentre si spopolano
borghi di appennini: qualcuno ricorda
ombre di briganti ma forse un trucco
per gli ultimi turisti della stagione.
Come in ogni fuga che si rispetti è nel finale che le voci si incontrano dopo armonizzazioni che paiono non aver fine, e la stessa sensazione mi ha colto nel leggere questi inediti, in cui si percepisce tutta la maestria di una lentezza compositiva di tutto rispetto.
Una lettura da non perdere, perché in un certo qual modo, unica nel suo situarsi tra due realtà poetica contemporanee diverse, come medium che indica nella scarsità del simbolo ogni valore del simbolo stesso.
Per la Redazione de Le parole di Fedro
il caporedattore - Sergio Daniele Donati
Kyrie tratto dalla Messa in si minore di J.S. Bach
dir. Philippe Herreweghe
***
INEDITI 2024
Il secco scirocco ti trascina
sulla spiaggia d’autunno,già senti i suoi sapori
in un pranzo di pesce:
il mare sempre dal finestrino,
pochi mesi di ombrelloni chiusi
e vedi San Ciriaco, la piattaforma,
puzzo di petrolio mescolato
a mitili su scogli.
C’era un mutuo da finire,
una madre invecchiata da curare,
un bambino da crescere
e tu in attesa come prima di scrivere
la vostra poesia.
I tuoi morti passati quasi silenti,
nessun cenno nel paese di fine secolo,
di civiltà post moderne, in catene di algoritmi.
Fuggirai presto dopo l’amore
ma quella sera che uccisero Moro
molti bambini incollati davanti Ufo Robot,
epilogo degli Anni Settanta.
***
Tempo di bilanci,
come ogni fine stagione
o forse il tempo non scandito
come stagioni senza controllo.
San Martino non sarà estate
di traslochi e i tini non ribolliranno
come in quella poesia scolastica
letta poco prima di dormire.
Ricrei l’odore di brodo,
appanna finestre, confuso con la nebbia:
non sapevi che non avresti più saggiato
galline allevate da tua nonna,
funghi appena colti.
Per te bambino i mesi infiniti
e le loro vite eterne, come un film
da dopoguerra scarpe da risuolare.
Roma non sarà un viaggio di nozze
da poche lire e un futuro da scrivere:
le strade ancora non allagate,
lupi alle porte della città
ma far l’amore nella penombra
sarà sempre il loro pensiero di festa.
***
Hanno il tuo stesso volto
gli studenti fuori sede
– venticinque anni dopo –
nella voglia di tornare a casa
per le feste; le ultime compere
e i libri ora dispense digitali
mentre i nonni con gli anni
di tuo padre ricordano gli inverni.
Qualcuno ebbe troppa fame
nel dopoguerra, regolamenti di conti
lì nelle strade e la memoria si taglia.
Nella chiesa parlano di te
e un ragazzo farfuglia confuso paure,
epoche troppo grandi, da correre rapidi
come un processore già vecchio
il nanosecondo di un bacio.
Ti scalda il mare di fine autunno,
con il tuo pallore pavese di uomo
di pianura ami perderti nell’alba maceratese
del primo treno e ridono raccontando
che le Marche sono un’Umbria con il mare.
***
Eccolo il Solstizio d’Inverno
con il vento di Scirocco,
alta pressione e il freddo Natale
di neve una cartolina o un film
del secolo scorso,
favola di buoni sentimenti da boom.
C’erano guerre e battaglie
in quelle stagioni dell’età di mezzo:
monasteri e conventi ultimi baluardi
e Francesco lì come un bambino
a creare il suo Presepe, il Vangelo
negli occhi e un sogno gelato
come campi brinati di carestia.
Lo stesso entusiasmo di tuo padre
quando si avvicinava la notte
e credeva al vostro futuro
come una stella per i Magi.
Stai solo anticipando il destino
di feste chiuso in casa tra tramonti
che paiono primavere mentre si spopolano
borghi di appennini: qualcuno ricorda
ombre di briganti ma forse un trucco
per gli ultimi turisti della stagione.
come ogni fine stagione
o forse il tempo non scandito
come stagioni senza controllo.
San Martino non sarà estate
di traslochi e i tini non ribolliranno
come in quella poesia scolastica
letta poco prima di dormire.
Ricrei l’odore di brodo,
appanna finestre, confuso con la nebbia:
non sapevi che non avresti più saggiato
galline allevate da tua nonna,
funghi appena colti.
Per te bambino i mesi infiniti
e le loro vite eterne, come un film
da dopoguerra scarpe da risuolare.
Roma non sarà un viaggio di nozze
da poche lire e un futuro da scrivere:
le strade ancora non allagate,
lupi alle porte della città
ma far l’amore nella penombra
sarà sempre il loro pensiero di festa.
***
Hanno il tuo stesso volto
gli studenti fuori sede
– venticinque anni dopo –
nella voglia di tornare a casa
per le feste; le ultime compere
e i libri ora dispense digitali
mentre i nonni con gli anni
di tuo padre ricordano gli inverni.
Qualcuno ebbe troppa fame
nel dopoguerra, regolamenti di conti
lì nelle strade e la memoria si taglia.
Nella chiesa parlano di te
e un ragazzo farfuglia confuso paure,
epoche troppo grandi, da correre rapidi
come un processore già vecchio
il nanosecondo di un bacio.
Ti scalda il mare di fine autunno,
con il tuo pallore pavese di uomo
di pianura ami perderti nell’alba maceratese
del primo treno e ridono raccontando
che le Marche sono un’Umbria con il mare.
***
Eccolo il Solstizio d’Inverno
con il vento di Scirocco,
alta pressione e il freddo Natale
di neve una cartolina o un film
del secolo scorso,
favola di buoni sentimenti da boom.
C’erano guerre e battaglie
in quelle stagioni dell’età di mezzo:
monasteri e conventi ultimi baluardi
e Francesco lì come un bambino
a creare il suo Presepe, il Vangelo
negli occhi e un sogno gelato
come campi brinati di carestia.
Lo stesso entusiasmo di tuo padre
quando si avvicinava la notte
e credeva al vostro futuro
come una stella per i Magi.
Stai solo anticipando il destino
di feste chiuso in casa tra tramonti
che paiono primavere mentre si spopolano
borghi di appennini: qualcuno ricorda
ombre di briganti ma forse un trucco
per gli ultimi turisti della stagione.
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NOTE BIOBIBLIOGRAFICHE
Luca Ariano (Mortara – PV 1979) vive a Parma.
Di poesia ha
pubblicato: Bagliori crepuscolari nel buio (Cardano 1999),
Bitume d’intorno (Edizioni del Bradipo 2005), Contratto a
termine (Farepoesia 2010, Qudu 2018) oltre a testi presenti in
varie antologie. Ha curato Vicino alle nubi sulla montagna
crollata (Campanotto 2008) e Pro/Testo (Fara 2009). Nel 2012 per
le Edizioni d’If è uscito il poemetto I Resistenti, scritto
con Carmine De Falco, tra i vincitori del Premio Russo –
Mazzacurati. Nel 2014 per Prospero Editore ha pubblicato l’e-book
La Renault di Aldo Moro con una prefazione di Guido Mattia
Gallerani. Nel 2015 per Dot.com.Press-Le Voci della Luna ha dato alle
stampe Ero altrove, finalista al Premio Gozzano 2015. Nel 2018
per Qudu è uscita una nuova edizione di Contratto a termine
con la prefazione di Luca Mozzachiodi. Sempre nel 2018 ha curato il
convegno su Pier Luigi Bacchini a Parma. Gli atti sono stati
pubblicati nel 2022 per Ladolfi editore (Quel problema del cielo).
Nel 2021 per Il Leggio Editore nella collana di Gabriela Fantato ha
pubblicato La memoria dei senza nome con una prefazione di
Alberto Bertoni e un’intervita di Luigi Cannillo. È redattore di
Atelier e di Versante Ripido. Dirige per Bertoni la
collana di poesia PoesiaLab. Organizza numerosi eventi a Parma. Sue
poesie sono tradotte in francese, spagnolo e rumeno.
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